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      Risalí quindi a Toscana, pose campo contro a Firenze, che sola ebbe qui e sempre la lode di costanza guelfa, che disprezzň le minacce di cancelleria e di guerra, che resistette. Quindi Arrigo levonne il campo, avviossi contra il Regno, ma infermň e morí a Buonconvento [1313]. Fu quasi fuoco fatuo, lucente ed innocente. - E quindi, come ogni parte dopo una speranza, o peggio un tentativo fallito, decadde la parte ghibellina (divisa anch'essa, del resto, in esagerati e moderati, detti "verdi" e "secchi"), non men che la guelfa. Rimasero le due senza scopo né d'imperatori né di papi, lontani e disprezzati gli uni e gli altri; sopravivendo di nome, si spensero in realitá; lasciaron luogo a nuovi interessi, passioni nuove. Uguccione della Faggiola, fatto capitano di Pisa e Lucca e di tutti i ghibellini all'intorno, si mantenne alcuni anni, ed anzi crebbe e ruppe fiorentini a Montecatini [1315]; ma fu finalmente cacciato [1316]; e fu fatta [1317] una pace in Toscana per intervenzione ed a profitto de' guelfi e di re Roberto. Poco appresso s'innalzň un nuovo capo ghibellino, Castruccio Castracane, fattosi signor di Lucca [1320] e di Pistoia [1325]. Tentň Pisa piú volte, ma invano; guerreggiň Firenze, vinsela in battaglia [1325]; e Firenze diede la signoria al duca di Calabria, figlio di re Roberto [1326], per dieci anni. Pisa intanto decadeva; Aragona toglievale la Sardegna [1323]. - In Lombardia si moltiplicarono le guerre di cittá a cittá, il sorgervi, cadervi, risorgere, estendersi e rimutarsi signori o tirannucci cosí, che ci č impossibile oramai lo stesso accennarne.


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Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni: sommario
di Cesare Balbo
pagine 750

   





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