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      E tutte queste promesse vennero effettuandosi poi con sinceritá e prontezza. Il re s'era deciso oramai; non die' indietro, non titubò mai piú d'allora in poi. Ma fu certo gran danno che si fosse incominciato cosí tardi, che le riforme non avessero tempo ad effettuarsi, a preparare il paese, quando si venne ai due scoppi della libertá rappresentativa e dell'indipendenza. E fu danno maggiore, che entrando appunto nelle vie della libertá, egli si rallentasse nel pensiero dell'indipendenza a tal segno, che, anche dopo le minacce testé pronunciate, non facesse un apparecchio di guerra, non una riunione, non un collocamento militare di truppe, nulla, salvo la chiamata d'uno dei quattordici contingenti che erano a lor case. Miseria umana! negli uomini come nelle nazioni, una preoccupazione caccia l'altra. Napoleone stesso diceva non potersi fare che una cosa alla volta.
      Nei due ducati di Parma e Modena, niuna riforma, pochi tumulti, sufficienti passioni. E cosí in Napoli e Sicilia: salvoché i tumulti scoppiarono in Reggio di Calabria e Messina [settembre]; ma furono repressi. Ferdinando Borbone si vantava di non aver bisogno di dar riforme; esser date da gran tempo lá: ed era vero, in ombra. Non gli venne in pensiero che si domandava e rimaneva a darsi la realitá. E cosí vantava il governo austriaco in Lombardia e Venezia; ed era vero poi, non solamente in ombra, ma in parecchie realitá. Se non che, costá il gran desiderato era di ben altro che riforme, e l'Austria nol poteva effettuare.


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Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni: sommario
di Cesare Balbo
pagine 750

   





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