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      Non serví piú; il popolo tumultuava peggio che mai addí 17. Cede il re, muta il ministero, chiama a capo di esso Serracapriola, promette costituzione. Addí 29 ne pubblica le basi, addí 10 febbraio ne pubblica il testo. Fu egli ridotto a tal passo ulteriore che finí la lenta (finché non fosse fatta l'impresa d'indipendenza) pendente rivoluzione riformativa, ed iniziò la rappresentativa, da quella necessitá appunto e sempre dall'imprudenza di coloro che non seppero essere prudentemente operosi? ovvero da qualche gelosia, dalla vanitá personale di far piú a un tratto, che non gli altri principi italiani fin allora; di essere conseguente a se stesso, che s'era vantato di non aver a far riforme giá fatte nel suo regno? Sono questioni intenzionali che non si potrebbero sciogliere, se non in una storia fatta da Dio. Ad ogni modo, in quell'anno, in quei giorni, in quelle condizioni d'Italia, che qualunque favilla anche minore scoppiata in un luogo serpeva quasi lampo in ogni altro; non era possibile oramai che questa gran parola, questo immenso e desiderato fatto d'una costituzione rappresentativa, compiuto e proclamato in uno degli Stati italiani, rimanesse esclusivo in quello, non facesse sorgere fatti simili in tutti gli altri. I particolari delle feste e tumulti che giá non si potevan distinguere, delle domande legali od illegali, opportune od inopportune, coraggiose o cedenti, e delle cedenti resistenze, sarebbero troppo lunghi per questo cenno, e cadrebbero in que' giudizi che non voglio qui promuovere.


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Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni: sommario
di Cesare Balbo
pagine 750

   





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