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      Mosse quindi, seguito dal vescovo di Cosenza legato pontificio, che bandiva la croce per lui; passò il Garigliano, abbandonato a tradimento dal conte di Caserta;* e, prese Aquino e Rocca d'Arce, si drizzò a Benevento, dove Manfredi raccoglieva, oltre i titubanti Pugliesi e Siciliani, i suoi Tedeschi, i suoi Saraceni di Nocera, e gli aiuti ghibellini di varie parti d'Italia. Dubitava Manfredi, e mandava messi a Carlo; il quale rispondeva: Dite al Soldano di Nocera, che io non voglio pace o tregua con lui; e che in breve, o io manderò lui in inferno, o egli me in paradiso. Combattevasi poi a' 26 di febbraio. E pugnavano fortemente per Manfredi i suoi Saraceni e Tedeschi: ma usando i ferri di taglio, furono vinti dai Francesi, che combattevano di punta; ed allora lasciato il campo vergognosamente dai Baroni Pugliesi, Manfredi, spronato il cavallo in mezzo alle schiere francesi, vi morì gloriosamente, ma perduto allora tra mucchi di cadenti. Tre dì furono a trovarne il corpo. Finalmente, riconosciuto da un ribaldo, fu posto penzolone su un asino, mostrato pel campo francese; poi fatto riconoscere dai prigioni, e seppellito come scomunicato non in terra santa, ma in capo al ponte di Benevento, sotto un monte di pietre gettategli sopra da ogni soldato.* «Ma per alcun si disse, che poi, per mandato del papa, il vescovo di Cosenza il trasse di quella sepoltura, e mandollo fuori del regno, perocchè era terra di Chiesa; e fu seppellito lungo il fiume del Verde, ai confini del Regno e di Campagna.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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