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      E di nuovo, ed al solito, andarono le due parti equilibrandosi ed avvicinandosi qua e là.
      Non tuttavia in Firenze; che riammise sì gli esuli Ghibellini nel 1273 per piaceria di papa Gregorio X, ma li ricacciò nel 1275. E li riammise pur nel 1279; ed anzi diè loro parte nel governo dopo cessata la signoria e vicaria di Re Carlo: ma non dando loro se non sei di quattordici posti de' Signori istituiti, lasciava a' Guelfi la maggiorità, che è tutto in ogni sorta di governo deliberativo. Nè durò guari siffatto ordinamento. Fino a quel tempo il popolo di Firenze, i non nobili, gli artieri, o popolo grasso, come dicevasi, s'erano sì ordinati in arti, e sotto i priori di ciascuna di esse; ma non aveano capi, non credenza universale popolare, e così non aveano fatto stato nello stato. Ma nel 1282, sollevatisi contra i XIV Signori, diedero il governo stesso ai propri Priori, che d'allora in poi si chiamarono e furono essi Signori. Così si compiè in Firenze la rivoluzione popolare, già da gran tempo non solo compiuta, ma corrotta in tirannia in molte altre città d'Italia. E Firenze seppe guardarsi poi da questo secondo e peggior progresso, e ritenne tal governo Guelfo popolano con poche variazioni durante tutto il tempo della vita di Dante, ed anche molto poi. Quindi, a malgrado de' duri e talor giusti rimbrotti, che le vedremo fatti dall'irato Poeta, se compariamo Firenze alle altre città, noi la potremo dire o più savia, o meno stolta, o almeno più avventurata, e comparativamente tranquilla.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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