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      Quanto ad esso poi, si deduce chiaramente dai versi 49-54, che quella canzone a Beatrice già da noi citata nella narrazione degli amori,
      Donne, ch'avete intelletto d'amore,
      fu la prima posta nella prima pubblicazione, or diremmo edizione, delle proprie poesie; e che egli, come risulta del resto da ogni memoria, n'ebbe fin d'allora nome di uno fra gli ottimi, se non forse di ottimo poeta di sua età. E tal certo il possiamo dir noi; e tal pare ch'egli tenesse sè stesso.
      Imperciocchè, in un altro luogo del Purgatorio, dove sono puniti i superbi, ei riconosce fra essi Oderisi da Gubbio, uno di que' miniatori di codici ch'oggi ancora s'ammirano:
      O, diss'io lui, non se' tu Oderisi,
      L'onor di Agobbio, e l'onor di quell'arteCh'alluminare è chiamata in Parisi?
      Frate, diss'egli, più ridon le carteChe pennelleggia Franco Bolognese:
      L'onore è tutto or suo, e mio in parte.83
      Ben non sare' io stato sì corteseMentre ch'io vissi, per lo gran disio
      Dell'eccellenza, ove mio core intese.
      Di tal superbia qui si paga il fioEd ancor non sarei qui, se non fosse
      Che, possendo peccar, mi volsi a Dio.
      O vanagloria dell'umane posse,
      Com' poco il verde in su la cima dura,
      Se non è giunta dall'etadi grosse!84
      Credette Cimabue nella pinturaTener lo campo; ed ora ha Giotto il grido,
      Sì che la fama di colui oscura.
      Così ha tolto l'uno all'altro Guido85
      La gloria della lingua; e forse è natoChi l'uno e l'altro caccerà del nido.
      Purg. XI, 79-99.
      E seguono altri versi ancora più solenni, che lasciamo, osservando solamente di quest'ultimo, che quasi tutti i commentatori s'accordano a intendervi che Dante accennasse sè stesso.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
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