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      Il trivio comprendeva grammatica, rettorica e dialettica; il quadrivio aritmetica, geometria, musica ed astronomia; e Dante stesso nel suo libro del Convito segue tal distribuzione di studi.90 La grammatica non toccava alle lingue moderne o volgari, abbandonate all'uso, e tenute in quel conto che si fa ora de' dialetti.91 Era dunque di sola lingua latina; ma quale poteva essere senza il confronto così necessario colla lingua parlata, senza dizionarii, e prima de' lavori immensi dei nostri quattro e cinquecentisti, e di tutti gli altri che avanzarono nelle nostre vie.
      Della rettorica, studiata pure in latino, vedremo esempi nelle lettere di Dante, «tutte in latino con alto dittato, et con eccellenti sententie et autoritadi, le quali furono molto commendate da' savi intenditori».92 Così ci dice il Villani contemporaneo; ma noi, che abbiamo le lettere citate, le veggiamo appena simili alle reliquie degli ultimi retori romani, o a quelle di Cassiodoro e de' primi tempi barbari; e così troppo dissimili dal bello stile volgare usato, anche in prosa, da Dante. Più facilmente crederemo a ciò che pur ci dice il Villani, che Dante fu «rettorico perfetto, tanto in dittare e versificare, che in ringhiera parlare;» poichè questo, senza dubbio, il faceva in volgare.93 E così vedesi in Dante quella differenza tra gli studi morti e i vivi, tra la rettorica studiata e l'eloquenza imparata dall'uso, che si ritrova poi in Petrarca, in Boccaccio, e in tutti gli altri uomini, anzi nei fatti stessi di quei tempi.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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