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      il mondo m'ebbeGiù poco tempo; e se più fosse stato,
      Molto sarà di mal che non sarebbe.
      La mia letizia mi ti tien celato,
      Che mi raggia d'intorno e mi nasconde,
      Quasi animal di sua seta fasciato.
      Assai m'amasti, ed avesti ben onde;
      Chè s'io fossi giù stato, io ti mostravaDi mio amor più oltre che le fronde.
      Quella sinistra riva che si lavaDi Rodano, poi ch'è misto con Sorga,
      Per suo signore a tempo m'aspettava;128
      E quel corno d'Ausonia129 che s'imborga130
      Di Bari, di Gaeta e di Crotona,
      Da onde Tronto e Verde in mare sgorga.
      Fulgeami già in fronte la coronaDi quella terra che il Danubio riga
      Poi che le ripe tedesche abbandona;
      E la bella Trinacria, che caliga,
      Tra Pachino e Peloro, sopra 'l golfoChe riceve da Euro maggior briga.
      Non per Tifeo, ma per nascente solfo,
      Attesi avrebbe li suoi regi ancoraNati per me di Carlo e di Ridolfo;131
      Se mala signoria, che sempre accora ec.:
      Parad. VIII, 31-73.
      e segue quel cenno che recammo de' Vespri di Sicilia. Giovane gentile e di liete speranze, quale ci è qui dipinto Carlo Martello, non è meraviglia che cercasse a conoscere, nè che conosciuto amasse Dante, giovane non dissimile da lui, e certo allora dei primi di Firenze. Di tre soli giorni fuvvi allora la dimora dei due Angioini. Ma partitine appena, venne nuova in città, apparecchiarsi i Ghibellini d'Arezzo a troncar loro la via in sulle terre di Siena; onde è che i Fiorentini accorsero con ottocento cavalli e tremila pedoni ad accompagnarli, nè quei d'Arezzo ardirono più uscire all'incontro. Ebbe il Re molto per bene questo così subito e non richiesto soccorso de' Fiorentini; e proseguendo suo cammino al Papa, da cui poscia fu incoronato, lasciò loro Amerigo da Narbona,* un suo cavaliero, per capitano all'impresa che stavano per fare contro Arezzo.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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