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      » Questo dell'anno 1293216 fu l'ordinamento definitivo della repubblica guelfa e popolana di Firenze; quello in che perseverò o a che tornò quasi sempre, e che antiquato poi potè considerarsi come la costituzione legale o legittima di lei. E questo fu l'ultimo passo della oppressione de' grandi, alla quale Machiavello attribuisce l'essersi Firenze resa incapace di armi, e così di conquiste e ingrandimenti. A tali ordini repressivi obbedivano poi per forza, ma rilottando, i Grandi, «fortemente dolendosi delle leggi, ed agli esecutori di esse dicendo: Uno caval corre e dà della coda nel viso a un popolano, o in una calca uno darà di petto senza malizia a uno altro, o più fanciulli di piccola età verranno a quistione. Gli huomini gli accuseranno. Debbono però costoro, per così piccole cose essere disfatti?» (cioè abbattute le loro case, secondo la penalità di quelle leggi.)217 E nota, che chi così vivamente porta le giuste querele de' grandi è Dino Compagni, popolano, amico di Giano della Bella, e che stato sovente de' Priori, disfaceva le case de' Grandi in coscienza, cosicchè non si potesser rifare, e lagnavasi di chi non facea come egli. Sarebbe a vedere tutta la vivissima descrizione da lui fatta di tal oppressione popolana, e del dibattersi in essa dei Grandi.218 Ma la lasciamo per brevità; e noteremo solamente, che sono reminiscenze di questi sdegni de' Grandi, e così di Dante, contro il popolo, e i versi da noi messi in fronte del presente capitolo, ed anzi tutto il canto XVI del Paradiso.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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