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      «Andarono gli imbasciadori più per avere la lettera innanzi la sua venuta, che per altra cagione, avvisati, che, se avere non si potesse, come promesso aveva, prendessono riafidanza» (cioè nuove istruzioni), «e a Poggibonzi gli negassono il passo. Il quale era ordinato d'afforzare per salvezza della Terra. E commissione n'ebbe di vietargli la vivanda messer Bernardo de' Rossi, che era e vicario in questo tempo.
      «La lettera venne, e io la vidi, e feci copiare, e tennila fino alla venuta del signore; e quando fu venuto, io lo domandai, se di sua volontà era scritta. Rispose: Sì, certamente.
      «Quelli che 'l conduceano, s'affrettarono; e di Siena il trassono quasi per forza, e donarongli fiorini diciassette mila per avacciarlo, però che lui temea forte la furia dei Toscani, e veniva con gran riguardo. I conducitori lo confortavano, e la sua gente; e diceano: Signore, e' sono vinti; e domandano indugio di tua venuta per alcuna malizia, e fanno congiure; e altre sospinte gli davano: ma congiura alcuna non si faceva.
      «Stando le cose in questi termini, a me Dino venne un santo e onesto pensiero, immaginando: Questo signore verrà, e tutti i cittadini troverà divisi; di che grande scandalo ne seguirà. Pensai, per lo uficio ch'io tenea, e per la buona volontà che io sentia ne' miei compagni, di raunare molti e buoni cittadini nella chiesa di San Giovanni; e così feci. Dove furono tutti gli ufici, e quando mi parve tempo, dissi: Cari e valenti cittadini, i quali comunemente tutti prendeste il sacro baptesimo di questo fonte, la ragione vi sforza, e stringe ad amarvi come cari fratelli, e ancora perchè possedete la più nobile città del mondo.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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