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      Che nostre viste lā non van vicine;
      Questi fu tal nella sua vita nuovaVirtualmente, ch'ogni abito destro
      Fatto averebbe in lui mirabil pruova.
      Ma tanto pių maligno e pių silvestroSi fa 'l terren col mal seme, e non colto,
      Quant'egli ha pių di buon vigor terrestre.
      Alcun tempo 'l sostenni col mio volto;
      Mostrando gli occhi giovinetti a lui,
      Meco 'l menava in dritta parte volto.
      Sė tosto come in su la soglia fuiDi mia seconda etade, e mutai vita,
      Questi si tolse a me, e dičssi altrui.
      Quando di carne a spirto era salita,
      E bellezza e virtų cresciuta m'era,
      Fu' io a lui men cara e men gradita;
      E volse i passi suoi per via non vera,
      Immagini di ben seguendo false,
      Che nulla promission rendono intera:
      Nč l'impetrar spirazion mi valse,348
      Con le quali ed in sogno ed altrimentiLo rivocai; sė poco a lui ne calse.
      Tanto gių cadde, che tutti argomentiAlla salute sua eran giā corti,
      Fuor che mostrargli le perdute genti.
      Per questo visitai l'uscio de' morti,
      Ed a colui che t'ha quassų condottoLi prieghi miei piangendo furon porti.
      L'alto fato di Dio sarebbe rottoSe Lete si passasse,349 e tal vivanda
      Fosse gustata, senza alcuno scottoDi pentimento, che lagrime spanda.
      Purg. XXX. 103-l45.
      Allora, rivolgendo a Dante stesso il parlare per punta,
      Che pur per taglio gli era parut'acro:
      Di', di', se questo č vero: a tanta accusaTua confession conviene esser congiunta.
      Purg. XXXI. 5-6.
      Egli indugia; e pressato da lei, risponde non pių che un sė appena intelligibile; ed ella riprende:
      ...... perentro i miei disiri,
      Che ti menavan ad amar lo bene,


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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