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      Quindi, tra tanto moto, tante passioni e, diciam pure, tanta perversità, meritano compatimento gli errori frequenti di parecchi esiliati; ma meritano tanta più lode le rari e difficili virtù dell'esilio, la fedeltà alla patria, la costanza, la moderazione, i perdoni. Nè mancano di queste alcuni solenni esempi; essendo immancabile quella legge della divina Provvidenza, che le età afflitte da' grandi vizii sieno pur consolate dalle grandi virtù. Abbiamo di que' tempi un Alessandro III, ramingo dentro e fuori d'Italia, per essersi messo a capo della nazional resistenza contro le riusurpazioni di Federigo I; un Giovanni da Procida, recante oltre ogni monte ed ogni mare a tutte le corti d'Europa la fedeltà a' suoi principi, i disegni preoccupati poi dalla sollevazione popolare; un Farinata degli Uberti, felice imitator di Camillo nel difender l'esistenza della propria città; e più vicino a noi, un Cosimo de' Medici, quasi più magnifico nell'esilio, che non il figliuolo nel principato. I quali tutti e parecchi altri esilii sarebbero degni soggetti di storie generali o speciali.
      Fra tanti grandi esiliati, Dante fu forse superiore a tutti per l'animo inconcusso; per l'attività non che diminuita, ma più che mai esaltata; per l'ingegno trovante nuove vie; per l'interno vigore con che vinse l'esterna fortuna, e s'alzò a tale altezza, a che non sarebbe probabilmente giunto senza la sventura. Ma io mi affretto a dirlo. Parvemi Dante in patria, lodevole, irreprensibile cittadino, e così il dissi.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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