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      Non tanto, poi, per andare incontro a tali accuse, quanto affinchè chi mi legge giudichi facilmente dei miei giudizii, io fin di qua mi confesserò Guelfo, fino a questo segno: che credo quel contrappeso della potenza papale essere stato sommo benefizio della divina Provvidenza, ad impedire tra i varianti disordini del medio evo il rinnovamento della tirannia dell'antico imperio romano; o, se si voglia, natural conseguenza del cristianesimo, che rendeva impossibile oramai tal tirannia, necessario, felicemente inevitabile quel contrappeso. Compiuto il fatto del cristianesimo, il rappresentante de' principii di esso, il centro, il capo di esso, non poteva non propugnare per que' principii, non farsene arma a combattere i principii contrarii, qualunque volta paressero prevalere; non poteva anzi non prevalere esso, come a poco a poco prevalse, nell'opera sua principale. Per l'Italia, poi, in particolare, credo che da tal potenza del Papa più specialmente italiana, sia venuta, per opera principalmente di quella gran triade di Gregorio VII, Alessandro III ed Innocenzo III, la liberazione dei Comuni e quindi quella lingua, quelle arti, quella civiltà ch'ella ebbe il bene di godere la prima, e la gloria di dar
      poi alle altre nazioni cristiane. Che i papi abbiano così impedito, non che l'Italia, come dice Machiavelli, ma pur la Germania, di riunirsi in un gran regno, io lo credo facilmente: ma credo che fu un gran bene per l'Italia in tutti questi secoli, quando il re di quel regno sarebbe stato un imperatore straniero.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
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