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      Ad avere un vero regno nazionale, ben altro impedimento furono gl'imperatori, che non i papi. E in tutto, ne' primi veggio e venero uno stromento provvidenziale ad unir forse le nazioni cristiane ma all'Italia in particolare, non veggo che siane venuto niun bene mai: ondechè ridirò, che in ciò ell'era destinata a soffrire per tutti. Ma nello spettacolo della successione dei papi, tutto in me è gratitudine a quella Provvidenza che li destava a benefizio universale della Cristianità; ma più speciale, più precoce, più glorioso all'Italia, primogenita della civiltà non per altro, se non per essere stato albergo e sedia dei propugnatori e fondatori principalissimi di essa.
      Ma i papi furono uomini e non angeli: l'opera di tutti insieme è immortalmente meravigliosa; le opere politiche di ognuno, furono, come di uomini, le une buone, altre cattive, altre buone per un rispetto e cattive per l'altro. Tra il fine del secolo IX, tutto il X e il principio dell'XI, essendo l'età in che l'elezione del Papa fu più soggetta agl'imperatori, e così più dipendente dalle parti, ella fu pur l'età dei papi peggiori, e quindi in tutta la Cristianità dei peggiori ecclesiastici. Ma alla metà dell'XI secolo, se ne scandalizzò la Chiesa, se ne scandalizzarono i buoni ecclesiastici. Ne restano irrefragabili documenti gli scritti di San Pier Damiano; gli scritti, e più le opere di Gregorio VII: due Santi diversi, il primo de' quali si ritrasse finalmente a piangere e pregare nella solitudine, il secondo a pregare e combattere e vincere nell'universo mondo contro la simonìa dell'elezione papale e delle altre, e contro la corruzione ecclesiastica.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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