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      Quindi, all'incontro, e ad un tratto (che mostra la grande influenza personale di quel sommo uomo), segue per due secoli l'età dei maggiori papi che sieno stati mai. Ma attendasi bene, la loro stessa grandezza come pontefici, l'occuparsi negli affari maggiori della Cristianità, nocque talvolta alla loro qualità di principi italiani, di capi di parte guelfa: chè, per quanto sieno stati vituperati da' Ghibellini antichi e nuovi per la loro resistenza contro agli imperadori, essi (pur troppo!) non resistettero abbastanza, non resistettero a segno di repudiar del tutto la potenza straniera, di liberar francamente, compiutamente e definitivamente la Nazione, e di riunirla in confederazione perenne. Aveano allora i papi tre gran pensieri, dati loro dalla loro natural situazione. Primo l'unione spirituale della Cristianità, che traeva seco la civiltà; secondo, l'unione temporale di tutti gli Stati cristiani per rinnovar le crociate; terzo, solamente gli affari d'Italia. E quanto più erano buoni i papi e di animo adeguato al loro alto ufficio, tanto più seguirono tal ordine d'importanza dei tre pensieri: di che, se noi come Italiani ci potremmo lagnare, noi come cristiani nol dobbiamo, nè il possono poi di niuna maniera gli stranieri. Ad ogni modo, alla metà del secolo XIII, quando incomincia l'assunto nostro, portando essi papi, come gli altri Italiani, la pena di quell'errore comune di non aver compiuta la loro indipendenza, già erano caduti, quasi stanchi da quella gran potenza propugnata dai tre sommi, ad una potenza minore, simile all'altre italiane, precaria, dipendente dalle Parti della Penisola, della provincia, della città loro.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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