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      Per proponimento dico, che in tra tutte le bestialitadi quella è stoltissima, vilissima e dannosissima, chi crede dopo questa vita altra vita non essere. Perciocchè, se noi rivolgiamo tutte le scritture sì de' filosofi come degli altri savi scrittori, tutti concordano in questo, che in noi sia parte alcuna perpetuale: e questo massimamente par volere Aristotile in quello dell'anima; questo par volere massimamente ciascuno stoico; questo par volere Tullio e spezialmente in quello libello della vecchiezza;446 questo par volere ciascuno poeta che secondo la fede de' gentili hanno parlato; questo vuole ciascuna legge, Giudei, Saracini e Tartari, e qualunque altri vivono secondo alcuna ragione. Che se tutti fossero ingannati, seguiterebbe una impossibilità, che pure a ritrarre sarebbe orribile. Ciascuno è certo che la natura umana è perfettissima di tutte le altre nature di quaggiù; e questo nullo niega, e Aristotile l'afferma, quando dice nel duodecimo degli Animali, che l'uomo è perfettissimo di tutti gli animali. Onde, conciossiacosachè molti che vivono interamente siano mortali siccome animali bruti, e sieno sanza questa speranza tutti mentrechè vivono, cioè d'altra vita,447 se la nostra speranza fosse vana, maggiore sarebbe lo nostro difetto che di nullo altro animale, conciossiacosachè molti sono già stati che hanno data questa vita per quella. E così seguiterebbe che 'l perfettissimo animale, cioè l'uomo, fosse imperfettissimo, ch'è impossibile; e che quella parte, cioè la ragione, che è sua perfezione maggiore, fosse a lui cagione di maggiore difetto, che del tutto pare diverso a dire.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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