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      Anche men giusto timore sarebbe, poi, quello che s'avesse delle disquisizioni storiche sulle origini dei nostri dialetti; e tuttavia, elle non furono tentate quasi da Dante in poi, se non forse da quel sommo Muratori, uomo anch'esso superiore a' suoi contemporanei e a tanti posteri. Nè è d'uopo dimostrar quindi, quanto prezioso sia un libro scritto fin dal principio del sec. XIV e da un Dante su' due argomenti, dell'origine delle lingue moderne, e della somiglianza e differenza de' dialetti italiani. E sarebbe bello ritentarli, aggiungendo a Dante e a Muratori ciò che è dato delle cognizioni progredite.
      Quanto poi alla conclusione di Dante, che di tutti i dialetti insieme debba trarsi la lingua comune od illustre, non potendo interamente scansar di parlarne, io ne dirò brevemente. Tutte le lingue, senza dubbio, trasser l'origine dai dialetti parlati variamente in più regioni della medesima nazione, e mantennero tale indeterminatezza e varietà, finchè uno di quelli non diventò regnante, o almeno principale. Ma una gran differenza vi è tra le nazioni che hanno un centro di governo e coltura, e quelle che no. Nelle prime, la città dov'è il centro, diventa sede quasi unica, e rimane fonte perenne della lingua; tanto che, se una parte di essa città, come la corte o un pubblico parlamento, vi diventi principale, in essa parte si restrigne naturalmente l'autorità della lingua. Così avvenne della lingua italiana antica, regolata in Roma dalla urbanità, cioè dal costone di essa città; così poi delle lingue moderne, spagnuola, francese ed inglese.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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