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      Continua egli nel secondo con meno amore, od anzi con istanchezza dell'assunto suo. Cerca prima, per quali persone e di quali cose abbiasi a scrivere nel volgare illustre.466 Lasciate le prose, tratta delle tre forme di poesie volgari allora usate; i sonetti, le ballate e le canzoni: dice che in queste, siccome più degne, deve usarsi quel volgare;467 e quindi a queste restrignendo l'argomento, per dieci capi tanto vi s'interna,468 che alfine vi si perde; e lascia evidentemente incompiuto questo stesso libro dello stile tragico od altissimo, ed intentati i due altri, che doveano seguire, degli stili elegiaco e comico.469 Vedesi quindi, che, come il Convito, così pur sempre questo scritto all'interpretazione dell'opera grande di Dante, e specialmente del titolo di Commedia dato ad essa, e dello stile usatovi, e così dell'intenzione generale di essa. Ma vedesi che, fissate così collo scrivere le proprie idee, l'autore si stancò di quest'opera, inadeguata all'ingegno suo, inadeguatissima al turbine sempre crescente delle sue idee. Ed anche in questo secondo libro ritroviamo un cenno dei desiderii dell'esule verso la patria. Per dare idea della costruzione di parole ch'ei chiama sapida, ci fa un esempio della frase seguente: «Di tutti i miseri ei mi duole; ma pietà maggiore ho di quelli qualunque sieno, i quali nell'esilio affliggendosi (tabescentes), non rivedono se non ne' sogni la patria loro.»470 Ed osservabile è quell'altro luogo, ove, accennando di che specialmente abbiano cantato i principali poeti di sua età, e dicendo che Cino da Pistoja cantò d'amore, dice di sè, chiamandosi amico di Cino, ch'ei cantò la rettitudine.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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