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      Diceva, adunque, che essendo Dante della setta di messer Vieri de' Cerchi ed in quella quasi uno dei maggiori caporali, avvenne, che partendosi messer Vieri di Firenze con molti degli altri suoi seguaci, esso medesimo si partì e andossene a Verona.* Appresso la qual partita, per sollecitudine della setta contraria, messer Vieri e ciascun altro che partito s'era, e massimamente dei principali della setta, furono condennati, siccome ribelli, nell'avere e nella persona; e tra questi fu Dante; per la qual cosa seguì, che alle case di tutti fu corso a romore di popolo, e fu rubato ciò che dentro vi si trovò. È vero che, temendosi questo, la donna di Dante, la quale fu chiamata Madonna Gemma, per consiglio d'alcuni amici e parenti, aveva fatti trarre della casa alcuni forzieri con certe cose più care, e con iscritture di Dante, e fattili porre in salvo luogo. Ed oltre a questo, non essendo bastato aver le case rubate, similmente i parziali più possenti occuparono chi una possessione e chi un'altra di que' condannati; e così furono occupate quelle di Dante. Ma poi, passati bene cinque anni o più, essendo la città venuta a più convenevole reggimento, che quello non era quando Dante fu condennato, dice, le persone cominciarono a domandare loro ragioni, chi con un titolo e chi con un altro, sopra i beni stati dei ribelli, ed erano uditi. Perchè fu consigliata la donna, ch'ella, almeno con le ragioni delle doti sue, dovesse de' beni di Dante raddomandare. Alla qual cosa disponendosi ella, le furon di bisogno certi strumenti e scritture, le quali erano in alcuno de' forzieri; li quali ella, in sulla furia del mutamento delle cose, aveva fatti fuggire, nè poi mai gli aveva fatti muovere del luogo dove deposti gli aveva.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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