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      A qual dicono che Dante riprese: Io estimava veramente che questi, con altre mie cose e scritture assai, fossero nel tempo che rubata mi fu la casa, perduti; e però del tutto n'avea l'animo e 'l pensiero levato. Ma poichè a Dio è piaciuto che perduti non sieno, ed hammegli rimandati innanzi, io adopererò ciò ch'io potrò di seguitare la bisogna secondo la mia disposizion prima. E quinti, rientrato nel pensiero antico, e reassumendo l'intralasciata opera, disse in questo principio del canto ottavo: I' dico seguitando, alle cose lungamente intralasciate. Ora, questa istoria medesima puntualmente, quasi sanza alcuna cosa mutarne, e mi raccontò già un ser Dino Perini, nostro cittadino ed intendente huomo, e, secondo che esso diceva, stato quanto esser più si potesse familiare ed amico di Dante: ma in tanto muta il fatto, che esso diceva, non Andrea Leoni, ma esso medesimo essere stato lui il quale la donna avea mandato a' forzieri per le scritture, e che avea trovati questi sette canti, e portatili a Dino di messer Lambertuccio. Non so a quale io mi debba più fede prestare; ma qual che di questi due si dica il vero o no, mi occorre nelle parole loro un dubbio, il quale io non posso e in maniera alcuna solvere che mi soddisfaccia; ed il dubbio è questo. Introduce, nel sesto Canto, l'autore Ciacco e fagli predire: come, avanti che il terzo anno dal dì che egli dice finisca, conviene che caggia dello stato suo la setta della quale era Dante; il che così avvenne. Perciocchè, come detto è, il perdere lo stato la setta Bianca, ed il partirsi di Firenze, fu tutto uno; e però, se l'autore si partì all'ora premostrata, come poteva egli avere scritto questo? e non solamente questo, ma un Canto più?488 Alla quale sola difficoltà (imperciocchè, avendo potuto essere mandati amendue insieme, o l'uno dopo l'altro ai forzieri, il Poggi e il Perini, il vanto che se ne davano tutti e due non fa una seconda difficoltà) già è risposto per noi, che teniamo questi Canti trovati essere stati i Latini;* non certo poi tradotti parola per parola, chè ciò nol consente di niun modo la natura, l'ingegno, il genio di Dante; ma liberamente rivolti in volgare, e in tal rivolgerli mutati ed accresciuti.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
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