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      Ma è vero che al senso litterale è aggiunto uno allegorico. Non incresca, dunque, che ci fermiamo a cercarne. Il miglior frutto d'ogni Vita di Dante sarà sempre l'agevolare la lettura del Poema, solendo i leggitori aver la mira alla maggior grandezza di ogni uomo; e come legger le scritture di Cesare o di Napoleone, men per esse che ad illustrazione delle geste degli autori, così cercar le Vite di un Omero, di un Dante e di un Shakespeare, men per l'importanza dei fatti, che non per meglio intendere la loro immortal poesia.
      Se io dovessi andar a cercar l'origine delle allegorie, e le ragioni di questa maniera di aggiunger l'uno all'altro senso, la quale trovasi già nelle più antiche scritture sacre e profane, la mia erudizione sarebbe del tutto insufficiente. Si contentino, quindi, i leggitori di non risalir qui oltre alle prime opere di Dante. Un cenno di tal doppiezza di sensi da lui cercata, s'avrebbe fin dalle prime parole della Vita Nova, se vi si avesse a leggere come suolsi «la gloriosa donna della mia mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice, i quali non sapevano che si chiamare.»515 Ma confrontando questo passo con quello del Boccaccio «una figliuola il cui nome era Bice (come che egli sempre dal suo primitivo nome, cioè Beatrice la nominasse),»516 e poi considerando che in tutta la Vita Nova non v'ha allegoria, e che Dante stesso nel Convito dice non esservi; io dubiterei che nel passo Dantesco Bice, e non Beatrice, s'avesse a leggere. Certo, non è improbabile cambiatura d'amanuensi; e così niun sospetto d'allegoria rimarrebbe a niun luogo della Vita Nova.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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