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      Ma Dante e gli altri Fiorentini erravano forse nel dare alla loro città, quantunque prima di Toscana, soverchia importanza rispetto a tutta Italia. Non si possono trascurar le città nelle guerre contro ai popoli, come si trascuran talor le fortezze nelle guerre di soli eserciti: ciò seppe e provò a' dì nostri Napoleone in Ispagna. E certo, que' rozzi ma non inesperti guerrieri tedeschi d'Arrigo VII, fecero il meglio fattibile non lasciandosi indietro Lodi, Cremona, Crema e Brescia sollevate, e Bergamo ed altre mal ferme in Lombardia, per mettersi incauti giù per la Penisola ad una chiamata di fuorusciti.
      Ad ogni modo, passata la Pasqua in Pavia addì 17 aprile 1311, la domane della lettera di Dante, partì Arrigo e compose tutte le minori sollevazioni; non senza fatica nè senza que' castighi onde s'era astenuto fin allora, ma quelle almeno senz'armi. Ma contra Brescia gli fu forza venir a campo ed aprir guerra. Incominciò a maggio, durò quattro mesi, e vi s'inferocì. Preso in una sortita Brusato, capo dei Guelfi e allora della città, prode cittadino, ma che rientrato già per forza fattane a' Ghibellini da Arrigo stesso, poteva così ora accusarsi di grande ingratitudine, fu straziato a morte nel campo tedesco. Gli assediati risposero con reciproche crudeltà. Così doveva succedere, fondandosi i Tedeschi sul diritto d'imperio, gli Italiani su quello di libertà, egualmente incontestabili a senno di ciascuno; e così accusandosi questi da quelli d'infedeltà, quelli da questi d'oppressione.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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