Pagina (368/525)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      E così Firenze, con la sua costanza (che è la più modesta ma la più utile delle virtù politiche), avea salva l'Italia di tornar forse all'antica soggezione.604
      Ma, prima d'andar innanzi, io ho fretta di restituire a Dante la sua parte di virtù. Accade sovente, esser uno Stato in una via buona e giusta di politica generale, far tuttavia ingiustizie personali. Ingiusta la prima condanna di Dante; non fu costanza ma ostinazione repubblicana il resistere alle prime istanze di lui per ripatriare. Quindi l'ira del generoso; ira giusta, ma che passò i termini, forse nelle ingiurie. Quindi la nuova ingiustizia della conferma d'esilio, dell'eccezione nell'amnistia. E qui Dante ebbe il merito di fermarsi primo. Aveva mossa la lingua, s'astenne dall'armi. Egli stesso se ne vantava poi a ragione; e ce l'attesta Leonardo, dopo aver riferiti i tentativi di ripatriare per mansuetudine. «Essendo in questa speranza di ritornare per via del perdono, sopravvenne l'elezione d'Arrigo di Luzimburgo imperadore. Per la cui elezione, prima, e poi la passata sua, essendo tutta Italia sollevata in isperanza di grandissima novità, Dante non potè tenere il proposito suo d'aspettare grazia; ma levatosi coll'animo altiero, cominciò a dir male di quelli che reggevano la terra, appellandoli scellerati e cattivi, e minacciando loro la debita vendetta per la potenza dell'Imperadore; contro la quale diceva, esser manifesto ch'essi non avrebbon potuto avere scampo alcuno. Pure, il tenne tanto la riverenza della patria, che venendo l'imperadore contro a Firenze, e ponendosi a campo presso alla porta, non vi volle essere, secondo lui scrive, contuttochè confortatore fosse stato di sua venuta.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





Firenze Italia Dante Stato Dante Dante Leonardo Arrigo Luzimburgo Italia Dante Imperadore Firenze Essendo