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      646 Ondechè conchiude, che non dipendendo l'Imperio dal Vicario di Dio, ed a fortiori da nessun altro, egli dipende immediatamente da Dio. Ma finisce con queste parole: «La qual verità dell'ultima questione non si dee tuttavia così strettamente prendere, che il Principe romano non sottostia in alcun che al romano Pontefice; essendo questa mortal felicità in certo modo ordinata per la felicità immortale. Usi, dunque, Cesare verso Pietro di quella riverenza che usar debbe un figliuolo primogenito al padre; affinchè illuminato della luce della paterna grazia, più virtuosamente irraggi l'orbe della terra. Al quale da colui solo è preposto, che è governatore di tutte le cose spirituali e temporali.»
      Questa terza parte dell'opuscolo di Dante, che entra nella gran disputa della supremazia delle due potenze temporale e spirituale, è quella che trasse, come vedremo, la condanna non solo pronunziata contro il libro, ma pur tentata contra la memoria e le ossa di Dante; e più tardi poi, su questo libro e sulla lettera ad Arrigo, nuove censure ecclesiastiche. Forse una proposizione647 contro i decretalisti, che sembra dirigersi contro la tradizione in generale, parve anche più pericolosa. Ma il nostro assunto è più delle evidenti eresie politiche di Dante, che non di quelle religiose di esso. Le quali, poi, qualunque abbiano potuto sfuggirgli, gioverà rinnovar qui, rinforzate dai testi stessi della Monarchia, le proteste nostre contro quei tentativi di far Dante quasi precursore de' riformatori che straziarono l'unità cattolica nei due secoli seguenti; Dante, così vago dell'unità, da volerla vanamente estendere dalle cose divine alle umane; Dante, che vedemmo pur testè seguir l'uso, od anzi dar esso l'esempio, seguito da tanti grandi benchè deriso da tanti piccioli, di quella finale protesta d'aderenza alla Chiesa, anzi specialmente alla Sedia romana; Dante, che chiama il Papa qui il vero clavigero del cielo,648 e che in mezzo ad ogni tratto d'ira che gli sfugge contro questo o quel Papa nella Commedia, quasi sempre rinnova in un modo o in un altro la sua protesta di riverenza alle somme chiavi.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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