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      Incomincia con invettive contra gli studii e la cupidigia degli ecclesiastici contemporanei suoi, così diversi da San Gregorio, Sant'Ambrogio, Sant'Agostino, Dionisio, il Damasceno e Beda: eccettua solo il vescovo di Luni, Gherardino Malaspina, amico suo certo, come tutta quella nobil famiglia. Scusasi poi di aprir bocca, egli semplice Fedele, su tanti scandali. «Io son fatto loquace? voi mi ci sforzaste. E vengavi pur vergogna d'esserne da così basso luogo, non dal cielo ammoniti... Tenetevi dinanzi agli occhi l'immagine di Roma, orba ora de' suoi due luminari, sola sedentesi e vedova: ed a voi importa ciò sopra tutti; voi che il sacro Tevere conosceste ne' vostri primi anni. Chè, quantunque debba amarsi da tutti gli Italiani quella capitale della gente latina, come comune principio della sua civiltà, voi la dovete principalmente venerare, ai quali è principio del vostro medesimo essere a quali siete. E se la presente miseria di lei oppresse di dolore, di vergogna e di rossore gli altri Italiani, voi ve ne dovete tanto più dolere ed arrossire, che foste cagione e di quello oscuramento e quasi ecclisse di lei.»
      Rivolge poi il rimprovero particolarmente all'Orsini, e a un altro ch'ei chiama capo della fazione Transteverina, ed è probabilmente il Colonna; e così termina: «Ma ne farete ammenda (non così pure che non ne resti segnata di cicatrice quella apostolica Sede, cui cieli e terra son riservati) se unanimi or tutti, voi che foste autori di tale enormità, ora per la sposa di Cristo, per la sede della sposa ch'è Roma, per l'Italia nostra, o, più pienamente dicendo, per tutta la città dei peregrinanti in terra, voi pugnerete virilmente così, che dalla palestra ov'or contendete, e dove siete guardati da tutt'intorno fino ai margini dell'Oceano, offerendovi alla gloria, possiate udire il grido di gloria in excelsis; e così che la vergogna dei Guaschi, ardenti di cupidigia e sforzantisi d'usurpar la gloria de' Latini, sia per tutti i secoli ai posteri in esempio.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
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