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      Il che fatto, segue e termina così «Questa è la significazione della seconda parte del prologo in generale. In ispeciale non si espone per lo presente. Imperciocchè mi preme la strettezza di mie facoltà (rei familiaris); cosicchè mi conviene lasciare queste ed altre cose utili al ben pubblico (reipublicae).693 Ma spero dalla magnificenza vostra di avere altrimenti facoltà ad un'utile esposizione. Della parte poi esecutiva, che nella divisione opposi a tutto il prologo, non dirò nè dividendo nè spiegando nulla per lo presente, se non ciò: che quando si procederà ascendendo di cielo in cielo, allora si reciterà delle anime beate trovatevi e d'ogni sfera, e che quella vera beatitudine consiste nel principio di quella sentenza della verità che si trova in San Giovanni, Questa è la vita eterna, il conoscere te Dio vero; e per Boezio, nel III della Consolazione, Te cernere finis. Onde è, che a mostrare la gloria della beatitudine in quelle anime, da esse come veggenti ogni verità, molte cose si domanderanno, le quali hanno grande utilità e diletto. E perchè trovato il principio, o primordio, cioè Dio, non è da cercare ulteriormente, essendo egli ? ed ?, cioè principio e fine, siccome è dimostrato nella visione di San Giovanni; si termina il trattato in esso Dio: che sia benedetto ne' secoli dei secoli.694».
      Quindi apparisce chiaramente, che già venuto, anzi stanziato Dante in Verona, e già sperimentate le prime beneficenze di Can Grande, gli volle dedicare il Paradiso; e che ciò facendo, non tutto, anzi nemmeno gran parte di esso non gli mandò colla dedica, ma solo il primo Canto, o poco più. E quindi viene naturalmente spiegato ciò che dice il Boccaccio: «Egli era suo costume, qualora sei o otto Canti fatti ne aveva, quelli, prima che alcun altro li vedesse, dove ch'egli fusse, mandare a messer Cane della Scala, il quale egli oltre ad ogni altro aveva in reverenza; e poichè da lui erano stati veduti, ne faceva copia a chi la voleva.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
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