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      Disceso dal monte, ammirava i costumi antichi degli Avellaniti; ma fu poco indulgente co' suoi ospiti, che gli sembrarono privi delle loro virtù.719 A quei giorni, e nei luoghi vicini a Gubbio, sembra che si debba porre l'aver egli dettato i cinque Canti oltre il vigesimo del Paradiso. Imperciocchè, nella menzione che fa di Firenze, allorchè nel vigesimoprimo parla del Catria, ed in ciò che dice nel vigesimoquinto del voler prendere sul fonte del suo battesimo la corona poetica, ben si ravvisa la sua speranza di riavere la patria ed il suo bell'ovile,720 superate che il tempo avesse le difficoltà intorno alla maniera del ritornarvi.»721
      Il Canto XXI del Paradiso, primo di quelli che l'Autor del Veltro congettura scritti in questa solitudine, primo poi certamente di quelli non mandati a Cane, incomincia:
      Già eran gli occhi miei rifissi al voltoDella mia donna, e l'animo con essi,
      E da ogni altro intento s'era tolto;
      e tanto concorda il senso, anzi l'intimo sentimento ispirator di questi versi, con tutte le congetture precedenti, che se non fossero vere, sarebbe quasi miracolo quel concordare: onde non parmi da dubitare che fosse incominciato questo primo de' canti non mandati a Cane, dopo lasciata da Dante la corte di lui. Ancora il Canto intiero celebra la vita contemplativa de' santi solitarii, posti (senz'altra ragione apparente che dell'occasione) nel cielo di Saturno. Tra questi solitarii pone San Pier Damiano, il contemporaneo di Gregorio VII, e compagno di lui nella prima guerra mossa alla corruzione ecclesiastica, abitatore già di quel medesimo monistero di Fonte Avellana; il quale dimandato da Dante chi egli sia, risponde:


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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