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      Certo, io mi vergogno dovere con alcuno difetto maculare la fama di cotanto huomo, ma il cominciato ordine delle cose, in alcuna parte, il richiede; perciocchè, se nelle cose meno che laudevoli in lui mi tacerò, io torrò molta fede alle laudevoli già mostrate. Adunque, a lui medesimo mi scuso, il quale per avventura me scrivente con isdegnoso occhio da alta parte del cielo ragguarda.»736 Belle e solenni parole, per vero dire; ma non è chi non vegga qui la leggerezza del buon Boccaccio, a cui sì poco calse di Guelfi o Ghibellini, che non seppe nemmeno onde venissero i loro nomi; e il quale, vivuto tutta sua vita da letterato tranquillo in Firenze guelfa, Napoli e Francia guelfe, accoglieva facilmente le voci guelfe un po' più o un po' meno vere come correvano contro agli esuli, di che facevan tanti Ghibellini, e d'ogni ghibellino un feroce, un ostinato, un incoreggibile, un professato partigiano.
      E tal non fu Dante. Che egli avesse nome di Ghibellino, come tutti i Bianchi, prima di esserlo, noi lo vedemmo. Che il fosse diventato poi molto troppo e per ira, pur il confessammo, e il dicemmo anche noi feroce Ghibellino. Ma credette egli di essere, professossi o confessossi egli tale? Certo no, e n'abbiamo testimonianza, più d'ogni altra che sia od esser possa solennissima, da lui stesso. Ne' primi Canti del Paradiso, scritti probabilmente nella corte ghibellina dello Scaligero, introduce Giustiniano a narrare le vicende dell'Aquila, ossia dell'Imperio romano; e certo il fa con animo ghibellino, non guari diverso da quello con che avea testè scritto in prosa del medesimo assunto.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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