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      Del resto, ciò volle, e ciò dice chiaramente il Poeta fin da principio:
      O voi che siete in piccioletta barca,
      Desiderosi d'ascoltar, seguitiDietro al mio legno che cantando varca.
      Tornate a riveder li vostri liti;
      Non vi mettete in pelago, chè forse,
      Perdendo me, rimarreste smarriti.
      L'acqua ch'io prendo, giammai non si corse;
      Minerva spira, e conducemi Apollo,
      E nuove739 muse mi dimostran l'orse.
      Voi altri pochi, che drizzaste 'l colloPer tempo al pan degli angeli, del quale
      Vivesi qui, ma non si vien satollo,
      Metter potete ben per l'alto saleVostro navigio, servando mio solco
      Dinanzi all'acqua che ritorna eguale.
      Parad. II. 1-15.
      Ma questi studiosi di filosofia e teologia, che sempre saran pochi, e quelli principalmente, che pur troppo sono ancora pochissimi, a cui quelle due scienze appariscono quasi una sola cercata con due metodi diversi; questi, s'io non m'inganno, troveranno nel Paradiso di Dante un tesoro, ch'io mal dissi di ricreazioni, ed è anzi d'altissime e soavi consolazioni, annunziatrici di quelle del vero paradiso. Ed oltre tutti, poi, se ne diletteranno coloro, che si trovino leggendo in disposizione somigliante a quella di Dante quando scrisse (cosa, per vero dire, desiderabile a ben intendere qualunque autore); quelli, cioè, che dopo avere in gioventù tentato variamente il mondo in cui vissero e pretesero vivere felici, giunti poscia a maturità, vecchiezza, sazietà o disinganno, cerchino per mezzo di quegli studii a conoscere quanto è possibile quell'altro mondo ove sono oramai le loro nuove speranze.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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