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      E tanto è vero esser l'attività e la dignità dello stato, solito motore dell'attività e dignità delle lettere, e sola efficace protezione di esse, che allora finalmente entrò il Piemonte nella letteratura italiana; ed entrovvi gloriosamente con Alfieri e Lagrangia. Ciò che altrove in Italia era risorgimento, qui era principio; e così più vigoroso. Ma, in somma, sorgevasi o risorgevasi in tutta la Penisola; e consueto segno ne veggiamo lo studio ripreso di Dante. Trentaquattro edizioni facevansi, e via via più, quanto più avanzava il secolo.821 Il Gravina confortava allo studio della divina Commedia; il Botti, il Leonarducci,* Alfonso da Varano l'imitavano; e facevansi nuovi e migliori, quantunque non ottimi commenti dal Volpi, dal Venturi e dal Lombardi: Tiraboschi dava a Dante sua degna parte nella storia della letteratura italiana; ed esso e il Pelli e il Dionisi facevano que' lavori varii, che sono, rispetto alla vita di Dante, ciò che quelli del Muratori alla Storia generale d'Italia, un tesoro dove quasi tutto si trova, cercando. Ma tutto questo risorgimento d'edizioni, commenti e vite, fu un nulla rispetto a quello prodotto dai due studiosi professati di Dante, Alfieri e Monti. Il primo, recando dalla provincia per lui aggiunta all'Italia letteraria, la sua non so s'io dica forza, o rozzezza o durezza paesana, restaurò forse la vigoria di tutta la letteratura; e restaurò certo il culto di Dante. Era anima veramente Dantesca. Amori, ire, superbie, vicende di moderazioni ed esagerazioni, e mutazioni di parti, tutto è simile nei due.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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