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      Quindi l'imitazione non cercata, ma involontaria, sciolta ed intrinseca. In Monti, poi, fu più ingegno che animo Dantesco; e le mutazioni di lui furono più d'arrendevolezza, che d'ira. Quindi l'imitazione più esterna; nella forma sola, e nelle immagini. Alfieri, poi, ebbe seguaci lontani, ignoti e forse disprezzati da lui, tutta la generazione allor sorgente. Monti, amorevolissimo, ebbe una scuola da lui avviata e quasi diretta. E così, per l'impulso appassionato dell'uno, per la direzione studiata dell'altro, riunironsi l'una e l'altra scuola in quella che fece e fa il secolo presente più devoto, più studioso di Dante, che non sia stato mai niuno de' precedenti. Se non che, le vicende poi, le parti, i sovvertimenti veduti e sofferti dalla nostra generazione, la educarono, meglio che non Monti ed Alfieri stessi, ad intendere e pregiare i pensieri e lo stile del gran fuoruscito.
      Al principio del secolo presente, diceva Alfieri non esser forse trenta persone in Italia (tante parmi aver udito da chi udiva il detto) che avessero veramente letta la Commedia. Ed ora, quantunque corso poco più che il terzo, già abbiamo più edizioni, più commenti, più lavori che in niuno de' precedenti. Le edizioni sono già più di 70.822 Il commento nuovo del Biagoli, quello della edizione della Minerva, sola ma non ottima edizione variorum, quelli di Foscolo, di Arrivabene, di Rossetti, del Tommaseo, son noti a tutti. Il Perticari, genero e scolaro di Monti, dissertò sulle opinioni di lingua e sull'amor patrio di Dante.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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