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      I, 58, dove Virgilio dice di Dante:
      Questi non vide mai l'ultima sera,
      Ma per la sua follia le fu sì presso,
      Che molto poco tempo a volger era.
      E così nel Canto XI va chino coi superbi, e a un di loro dice (v. 118):
      ... lo tuo ver dir m'incuora.
      Buona umiltà, e gran tumor m'appianiNel Canto XIII si confessa invidioso alcun poco, e superbo assai, in quei versi:
      Gli occhi, diss'io, mi fieno ancor qui tolti,
      Ma picciol tempo; chè poch'è l'offesaFatta per esser con invidia volti.
      Troppo è più la paura, ond'è sospesaL'anima mia del tormento di sotto,
      Che già lo 'ncarco laggiù mi pesa.
      Così pure, entrando nel fumo, soffre la pena degl'irosi; così, tra i golosi trova Forese, al quale dice (Purg. XXIII, 115):
      ..... se ti riduci a menteQual fosti teco e quale io teco fui
      ..................
      Di quella vita mi volse costui,
      Che mi va innanzi ec.
      E finalmente, giunto fra i lussuriosi, della lussuria si purga passando attraverso le fiamme – Ma è da notare, che nè di accidia nè di avarizia s'incolpa mai, ed anzi contro accidiosi ed avari si scaglia sempre con ira sublime. La quale osservazione ci servirà per esporre più innanzi un nostro nuovo pensiero sull'allegoria delle tre belve.
      LIBRO SECONDOPag. 285. – E quindi si vede l'occasione ch'ebbe Dante d'andare a Verona.
      Questa memoria prende conferma dalle parole di Dante: Lo primo tuo refugio e 'l primo ostello. Egli, dunque, fu ospitato dagli Scaligeri prima che dai Malaspina (1306); per tacere di Guido Selvatico e dei Faggiolani.
      Pap. 288. – Il gran Lombardo ec.


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Vita di Dante
di Cesare Balbo
pagine 525

   





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