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      Č facile comprendere ora quale fosse la casa del signor Grandet, una casa scialba, fredda, silenziosa, posta nella parte alta della cittā e protetta dai bastioni in rovina. I due pilastri e l'arco, in mezzo a cui s'apriva il vano della porta, erano come il resto del fabbricato, costruiti col tufo, pietra bianca che si trova sulle sponde della Loira ed č cosí friabile da non superare mai in media i due secoli di durata. I buchi ineguali e numerosi, che le intemperie avevano sparso bizzarramente, davano all'arco e alle colonne del portone l'apparenza delle pietre vermicolate dell'architettura francese e qualche somiglianza anche con l'ingresso di una prigione. Sull'arco dominava un lungo bassorilievo di pietra dura scolpita, rappresentante le quattro stagioni in figure giā logore ed annerite, e sopra il bassorilievo sporgeva un plinto tutto coronato di piante spontanee; parietarie gialle, rampicanti, convolvoli, musco ed un piccolo ciliegio giā abbastanza alto. La porta di quercia massiccia, bruna, ardita, con larghe fenditure da ogni parte, debole in apparenza, era solidamente munita da un sistema di chiavarde, disposte con simmetria. Un'inferriata quadra, piccola, dai ferri stretti e rossi di ruggine, spiccava nel centro e serviva di motivo a un martello attaccato mediante un anello che poggiava sulla testa di un grosso chiodo. Quel martello di forma oblunga o dello stesso genere di quelli che i nostri antichi chiamavano jaquemart(1) somigliava a un grosso punto esclamativo e, solo esaminandolo con attenzione, un antiquario avrebbe potuto scoprirvi qualche traccia della figura umoristica che un tempo rappresentava e che il lungo uso aveva consumata.


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Eugenia Grandet
di Onorato di Balzac
pagine 215

   





Grandet Loira