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      Da trentacinque anni ella si trovava sempre davanti al magazzino di Grandet, con i piedi nudi, tutta cenciosa, e udiva il bottaio ripeterle:
      - Che vuoi farci, piccina? -
      Il che bastava per rendere piú viva la riconoscenza di lei.
      Talvolta il padrone, pensando che quella povera creatura non aveva mai udita la minima parola di lusinga, che ignorava tutti i dolci sentimenti che può ispirare una donna, e che avrebbe potuto un giorno comparire innanzi a Dio anche piú casta della Vergine Maria, preso da improvvisa compassione, le diceva guardandola:
      - Questa povera Nannina! ... -
      Esclamazione cui seguiva sempre uno sguardo indefinibile della vecchia fantesca. La stessa frase, di quando in quando ripetuta, formava da un pezzo una catena non interrotta d'amicizia, ed ogni ripetizione vi aggiungeva un anello. Quella commiserazione che sorgeva dal cuore di Grandet e accolta cosí volentieri dalla vecchia aveva un non so che di orribile, e pure quell'atroce pietà di avaro, che ridestava mille piaceri nel cuore dell'antico bottaio, era per la donna il colmo della felicità.
      Dio, povera Nannina, riconoscerà i suoi angeli alle inflessioni della loro voce e dei loro lamenti misteriosi.
      Chi non le dirà cosí?...
      V'erano in Saumur molte famiglie, presso cui si trattavano assai meglio i domestici, ma non per questo venivano contraccambiati con alcun sentimento di gratitudine; e pensavano:
      - Che diamine fanno i Grandet alla grossa Nannina, perch'ella abbia per loro tanta affezione, da buttarsi magari nel fuoco?


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Eugenia Grandet
di Onorato di Balzac
pagine 215

   





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