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      Durante il pranzo, il padre, tutto lieto di vedere la sua Eugenia piú bella in un abito nuovo, aveva esclamato:
      - Poiché è la festa della mia ragazza, accendiamo un po' di fuoco: sarà di buon augurio.
      - La signorina avrà marito entro l'anno, certo - osservò la grossa Nannina, portando via gli avanzi di un'oca, il fagiano dei bottai.
      - Ma io non vedo partito conveniente per lei a Saumur - rispose la signora Grandet volgendo al marito uno sguardo timido che diceva chiaro in quale stato di servitú coniugale fosse vissuta sempre la povera donna.
      L'ex-sindaco contemplò un istante la figlia, e gridò gaiamente:
      - Eugenia compie ventitré anni oggi; e bisognerà occuparsi di lei. -
      Madre e figlia si scambiarono in silenzio un'occhiata d'intelligenza.
      La signora Grandet era asciutta e magra, gialla come una mela cotogna goffa e tarda; una di quelle donne che sembrano fatte solo per subire delle tirannie. Aveva ossa grosse, naso grosso, fronte ed occhi bovini e, a prima vista, dava l'idea di quei frutti stopposi che non hanno piú succo, né sapore. I suoi denti erano neri e radi, la bocca increspata, il mento aguzzo e ricurvo; ma d'altra parte era una donna eccellente, una vera La Bertellière. L'abate Cruchot sapeva trovare l'occasione di dirle che ella non era poi capitata male, e lei gli credeva. Una dolcezza angelica, una rassegnazione d'insetto tormentato dai bambini, una pietà rara, una calma inalterabile, un cuore ottimo la facevano compiangere e rispettare da tutti. Il marito non le dava mai piú di sei lire alla volta per le sue spese minute.


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Eugenia Grandet
di Onorato di Balzac
pagine 215

   





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