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      Aprí la porta della camera, che dava sulla scala, e sporse il capo per ascoltare i rumori della casa.
      - Non si è alzato - pensò, udendo la tosse mattutina della domestica e l'andare e venire della buona donna, che spazzava e metteva in ordine la sala, accendeva il fuoco, legava il cane alla catena e parlava alle bestie nella stalla. Eugenia scese, e corse da Nannina, che mungeva la vacca.
      - Nannina, Nannina buona, fa un po' di crema per il caffè del cugino.
      - Ma, signorina, bisognava pensarci ieri - rispose la domestica dando in una grande risata; - io non posso far della crema... Vostro cugino è vezzoso, vezzoso, ma proprio vezzoso. Se l'aveste veduto con la sua veste da camera di seta e oro! ... l'ho visto, io! Ha della biancheria fina che pare la cotta del signor curato.
      - Nannina, fa un pasticcio.
      - Brava! ... e chi mi darà la legna per scaldare il forno? chi mi darà la farina e il burro? - disse l'altra che, come prima amministratrice di Grandet, assumeva talvolta un'importanza enorme agli occhi di Eugenia e di sua madre. - S'ha da rubare forse al babbo per trattar bene quel giovanotto? Chiedetegli del burro, della farina, della legna, e... chi sa che a voi non ne dia?... Eccolo appunto... Scende per regolare le provviste...
      La fanciulla scappò in giardino tutta spaventata nell'udir scricchiolare la scala sotto i passi di suo padre; già in lei si svegliavano quel profondo pudore e quell'intuito particolare della propria felicità, che ci fanno credere, e non a torto, che i pensieri appaiono scritti in fronte e balzano agli occhi altrui.


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Eugenia Grandet
di Onorato di Balzac
pagine 215

   





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