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      Ella aveva compreso d'un tratto la gelida nudità della casa paterna, e una specie di dispetto l'assaliva per non poterla mettere d'accordo con l'eleganza di suo cugino. Sentí il vivo bisogno di far qualcosa per lui; ma che?... Non lo sapeva. Ingenua e sincera, si abbandonava alla sua natura d'angelo, senza diffidare delle impressioni e dei sentimenti. Alla sola vista del giovane s'erano in lei scosse le tendenze naturali della donna, tanto piú che i ventitre anni compiuti le davano facoltà d'intelligenza e di desiderio. Per la prima volta ebbe paura di trovarsi di fronte a suo padre, per la prima volta vide in lui il padrone della propria sorte, e si credé colpevole perché gli nascondeva i pensieri. Camminava in fretta, meravigliata di respirare un'aria piú pura, di sentire vivificanti i raggi del sole, di trarne un calore morale, una vita nuova.
      Mentre studiava il mezzo di avere un pasticcio, tra Nannina e Grandet scoppiava una di quelle dispute che fra loro erano cosí rare come le rondini d'inverno. Armato delle sue chiavi, il vecchio era venuto a disporre i viveri necessari per il giorno.
      - C'è rimasto nulla del pane di ieri? - chiese alla fantesca.
      - Nemmeno un briciolo, signor padrone.
      Grandet prese un grosso pane rotondo e stava per tagliarlo, quando Nannina osservò:
      - Ma noi siamo in cinque oggi, signore.
      - È vero, - rispose l'avaro; - ma questo pane pesa sei libbre, e ne avanzerà. D'altra parte, questi giovanotti di Parigi non mangiano pane, vedrai.
      - Mangeranno della frippe - disse Nannina.


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Eugenia Grandet
di Onorato di Balzac
pagine 215

   





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