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      - Come mi riscalda! - esclamava talvolta col viso illuminato da un'aria di beatitudine.
      Quando comparve il curato della parrocchia per amministrargli i sacramenti, gli occhi àtoni fino allora si rianimarono alla vista della croce, dei candelieri e della pila d'argento. Non appena il sacerdote gli appressò alle labbra il crocefisso d'argento dorato, tentò un orribile gesto per afferrarlo, e fu l'ultimo suo sforzo. Non riuscendo piú a vedere Eugenia, che pure gli stava inginocchiata dinanzi e gli bagnava di lagrime la mano gelida, la chiamò.
      - Beneditemi, babbo! - diss'ella.
      - Abbi cura di tutto e me ne darai conto laggiú! - rispose il padre, dimostrando con l'ultima sua parola che il cristianesimo è la religione degli avari.
     
      ***
     
      Cosí Eugenia restò sola in quella casa con Nannina, l'unica persona che potesse comprenderla, che le volesse bene senza secondi fini e con la quale le fosse dato di parlare dei suoi dispiaceri. E quell'ottima domestica fu una fortuna per lei, poiché le divenne umile e sincera amica. Dal notaio, Eugenia seppe di possedere trecentomila lire di rendita in beni stabili nel circondario di Saumur, sei milioni in cartelle del debito pubblico tre per cento comprate già a sessanta franchi e quotate allora a settantasette, piú di due milioni in oro e centomila franchi in scudi, senza contare gli arretrati da esigere; in complesso quasi diciassette milioni.
      - E dove sarà mai mio cugino? - ella pensò.
      Il giorno in cui mastro Cruchot le rimise lo stato definitivo della successione, la giovane sedeva con la domestica vicino al caminetto di quella sala cosí vuota, ove tutto per lei era ricordo, dall'alta sedia della madre al bicchiere in cui Carlo aveva bevuto.


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Eugenia Grandet
di Onorato di Balzac
pagine 215

   





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