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      E tranquilli sarebbero scorsi i giorni nella casa dell'affittacamere se costei, ancor belloccia quantunque non più sul fiore degli anni, avesse rispettata la norma, che regge ogni civile consorzio e che si chiama Giustizia. Abitava e si nutriva, di fatti, in quel medesimo loco un giovane dal copioso ciuffo spavaldo e dai boriosi modi, il quale era oggetto di specialissime cure da parte della donna. Ora, la sua camera, riassettata con ogni diligenza, mostrava lucenti mobili e terso pavimento: e sovra il letto, adorno di vistosa coperta, biancheggiava il rimbocco di linde lenzuola. La stanza di Macario, invece, aveva veli di polvere ovunque: e, sul negletto giaciglio, una coperta ragnata nascondeva grigie pungenti telerie. A mensa, poi, saporite minestre e bocconcini prelibati rallietavano la golosità del pensionante dal ciuffo: ma torbide brodaglie e ascetici lessi lasciavano scontento e non sazio l'appetito di Macario. Così piccola era la profenda e così grande lo stimolo, da indurre il martire affamato a visitar, di nottetempo, la dispensa per chiedere a qualche dimenticato pezzo di pane un momentaneo sollievo.
      Fu, appunto, in grazia di queste escursioni notturne ch'egli, passando lieve davanti alla camera della donna, comprese il motivo del trattamento diverso. Ma, come uomo pio, deliberò fra sé e sé:
      - Niuna parola incauta o biasimatrice sfuggirà dalle mie labbra. E d'altra parte, quale certezza ho che costei sospiri per opere diaboliche piuttosto che per estasi angeliche?
      Una notte, mentr'egli stava con l'orecchio incollato alla porta dei gemiti onde discernere se questi fossero di natura schiva d'ogni estraneo intervento o intervento dottorale implorassero, sopraggiunse lì, a passi di lupo, la servetta.


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Il beato Macario
Romanzo mattacchione
di Pierangelo Baratono
pagine 59

   





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