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      - Non io mangerò le vittime dell'umana ferocia, egli diceva soffermandosi a guatare gli squartati vitelli appesi nelle botteghe e gli esili uccellini gettati in mucchio entro tombe di vimini.
      - E neppure impedirò a innocenti creature di nascere!, aggiungeva passando innanzi ai canestri colmi d'uova.
      - Né toglierò ai neonati, bisognosi di forze, la lor nutritiva bevanda!, conchiudeva osservando pietoso le secchie riempite di candido latte.
      Anche il pane era da lui rispettato poiché, contenendo farina, rappresentava un eccidio di innumerevoli chicchi, tolti all'opera di prolificazione dalla prepotenza degli uomini. E, per ugual motivo, le dure patate e i morbidi piselli e le fave, care a Pitagora, e l'olio, protetto da Minerva, e il vino, amato da Dioniso, e le stesse frutta avean bando perpetuo dalla tavola austera.
      Così, nutrendosi solo per ubbidienza alla volontà del Creatore, Macario, con le proprie mani, coglieva erbe mangerecce per i campi e poi, di scarso sale conditele, da persona semplice frugalmente si cibava. Or avvenne che un giorno, mentr'egli era intento alla consueta raccolta, un rispettabile uomo si soffermò a guardarlo.
      - O esempio in terra di celesti virtù, disse l'uomo, sei tu nato veramente da creature mortali o non sei, piuttosto, il visibil segno del fallo di un immortale?
      - Troppo mi lodi, rispose umilmente Macario.
      - Nessuna lode uguaglierebbe i tuoi meriti, continuò l'uomo. Oh, se la pietà fosse in te pari alla frugalità, non sdegneresti di aiutare un peccatore a rimettersi sulla via della salute!


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Il beato Macario
Romanzo mattacchione
di Pierangelo Baratono
pagine 59

   





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