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      Severo con gli altri, ancor maggiore intransigenza mostrava Macario verso sé stesso, evitando perfino di prender bagni onde non rimaner scandolezzato dalle proprie nudità.
      Pur tuttavia, all'apparire di madonna Primavera, il ricordo dei consigli, impartiti alla sua inquieta adolescenza dal venerando esculapio, rendeva il martire perplesso e gli facea considerare con qualche indulgenza il turbamento, da cui l'anima e il corpo - mentre verdi gemme sbocciavan sui rami degli alberi - eran sovrappresi. E poiché la verencodia ha sede esclusiva negli occhi, Macario si sottraeva al lor giudicio e rimbrotto recandosi da una pietosa vecchierella, la quale aveva acconciata una stanza con un tramezzo divisorio ove, a giusta altezza, si scorgeva un forame. Di tal modo egli, relegata dalla parte opposta del tramezzo ogni causa di scandalo, poteva intrattenersi seco stesso in savie meditazioni, mentre altre e sempre mutevoli creature, rimanendo invisibili, si intrattenevano seco lui.
      Un giorno, Macario, essendo nel consueto modo, udì una voce che, dall'altra parte dell'assito, gioiosamente squittiva:
      - Toh! Chi si rivede!
      Voce di Undimilla vergine, che salutava una vecchia conoscenza.
     
      XXV
     
      Una sera di camasciale, Macario si diede a batter le strade in cerca di occasioni, che gli consentissero di dar segno delle proprie virtù. Rigido era il tempo: ma un ampio bavero di pastrano, rialzato fin sopra le orecchie, impediva al freddo d'incrudelire contro il nascosto viso del pio martire.
      Sgonnellavan, da ogni parte, femminee maschere e calze di seta luccicavano a tessere elogio del lor contenuto.


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Il beato Macario
Romanzo mattacchione
di Pierangelo Baratono
pagine 59

   





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