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      a FRANCESCO PASTONCHI.
     
      Nobile amico, ricordate i Capricci del Goya? Smorfie di megere innanzi al beffardo specchio delle illusioni, piccole dita di fanciulle agilmente occupate a spennacchiar pollastrini, musical giuoco di scimmiotti per allietare gli ozi di re Ciuco, infine tutte le umane miserie raffigurate, tra macchie d'ombra e chiazze di luce, in una serie di acqueforti tremendamente vere nonostante la veste fantasiosa, profondamente tristi sotto la maschera gaia. Anche il buffone di re Lear ride e piange ad un tempo: e con la risata avvolge in un morbido velo di arguzie le forme rudi e angolose di una dolente realtà, e col pianto interpreta e chiosa i più intimi moti del proprio cuore, che è, poi, il cuore di ognuno.
      Così questi Commenti.
      Faccian essi i tre inchini di prammatica innanzi al vostro indulgente sorriso e da ogni taccia di temerità si scagionin col dire: Noi, pur togliendo i nostri titoli da fiabe straniere, chiedemmo alla novella schiettamente italiana e inspirazione e panni e movenze. Siate Voi, dunque, supremo giudice del tentativo: Voi, che un'arte impeccabile e un austero culto dell'italico idioma opponete contro la straripante fiumana di una letteratura bastarda.
     
      IL GIUDEO FRA LE SPINE.
     
      Un uomo, che recava in mano una borsetta da viaggio, entrò in una grande città e si recò difilato nel migliore albergo. Chiese la camera più bella, una cena succulenta; poi segnò sul registro un nomuccio qualsiasi e andò a coricarsi. Ma, al mattino, ebbe l'imprudenza di lasciare sul tavolo un foglio di carta da lettera con tanto di corona principesca e di stemma nell'angolo superiore.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920, pagine 119

   





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