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      Terminate le compre, l'intendente, ch'era uomo corpacciuto e gran bevitore di vino al cospetto di Dio, volle riposarsi per qualche minuto, secondo l'abitudine e prima di pigliar la via del ritorno, in un'osteriola situata ad un capo del villaggio e provvista, sul davanti, di una pergola allettatrice. Già tre bicchieri, colmi di fresco chiaretto, avevan versato il lor contenuto nell'ugola riarsa del brav'uomo, allorchè il nostro giovane, quasi fosse affaticato da un lungo cammino, venne a sedersi all'ombra a sua volta, lagnandosi del caldo opprimente e dell'avarizia del governo, il quale, a sentir lui, sarebbe stato in obbligo di piantare, su ciascun ciglio delle strade, una fila d'ippocastani o d'altre piante del genere.
      - Per colmo di disgrazia, - egli soggiunse sospirando, - il mio cavallino, un vero gioiello, s'è buscato il cimurro; e il cielo soltanto sa quando potrò riattaccarlo al calesse.
      L'intendente, messo in ottimo umore dalle recondite virtù del chiaretto, rivolta qualche vaga frase di condoglianza al suo compagno di sosta, concluse offrendogli la metà della propria vettura, a patto e condizione, naturalmente, che quest'ultimo fosse da ugual parte avviato.
      - Vorrei poter accettare, rispose il giovane con un secondo sospiro; ma, sebbene io esca, come presumo farete voi, da questo lato del paese, dovrò subito svoltar nella strada di campagna, che per la prima si biforca, a mano manca, dalla provinciale.
      - E dove si reca, se è lecito?, - chiese l'altro, drizzando le orecchie.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119

   





Dio