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      I futuri Wagner susurravan fra loro: Sarebbe pur bello infischiarsi degli accordi, beffarsi dei temi, gettare al rogo i trattati di contrappunto e liberamente imitare le selvagge orchestre delle creature primitive, le superbe cacofonie degli Zulù, i frastuoni poderosi dei Pelli-rosse, i tremendi uragani degli strumenti Neo-zelandesi. Questo musico, invero, ci offre una mèta assai facile e nuova con la sua teoria del tamtamismo.
      I Rembrandt novellini urlavano: Perchè non dovremmo rinnegare il disegno, sprezzare i chiaro-scuri, tirar la lingua alla prospettiva? Questo pittore dice bene allorchè ci esorta a esaminare gli oggetti a traverso un microscopio. La natura, viva o morta, appare, se la osserviamo nella sua essenza, come una serie di punti rotondi, di cerchi più o meno ampi. La linea retta è un'utopia da marmocchi; soltanto la curva rappresenta la verità. Evviva, dunque, la teoria dello sferismo.
      Gli Spinoza in erba sbofonchiavano: Eppure non ha torto questo filosofo nel pensare che soltanto i rifiuti della vita possan rivelarci il grande segreto della morte. Il diamante è un rifiuto al pari dell'ambra, delle secrezioni salivari e della prostituzione. Occupiamoci solo di essi: e forse, penetrando nel mistero dell'universo, avremo motivo di lodarci d'esser stati seguaci della teoria escrementale.
      Gli Alighieri in trentaquattresimo singhiozzavano: Benedetto sia mille volte questo poeta, che, insegnando a ritener per inutile, anzi nocivo, lo studio della lingua e della metrica, ci porge il destro di diventare, all'improvviso e con somma facilità, illustri autori.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119

   





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