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      Egli così ammaestra con la sua saggia parola: Siate, scrivendo in prosa, riproduttori imparziali del mondo esterno; non cercate dì vagliarlo attraverso la vostra anima, anzi rifuggite, come da faticosi perditempi, dal lavorare col sentimento e con l'immaginazione; ricordatevi sempre di chiamar pane il pane, senza aggiungere se esso sia fresco o stantìo, poichè ciò costituirebbe un apprezzamento troppo personale: se vorrete, poi, dedicarvi alla poesia, adottate come capisaldi i due primi precetti della prosa, ma rifiutate il terzo; allorchè vedrete un popone, chiamatelo, per esempio, banchiere; se v'imbattete in uno struzzo, donategli l'appellativo di flauto o qualunque altro, che vi salti più presto in mente senza sforzi di fantasia; infine, punto preoccupandovi di piedi e di rime, giocattoli ormai passati di moda ed aspri assai per chi li adopri, attenetevi scrupolosamente alla forma e al periodare prosastico; unica licenza vostra siano i continui da capo, che voi potrete fare a capriccio, or dopo una, or dopo cinque, or dopo venti parole. Oh non mai abbastanza lodato maestro, il tuo sistema che, sfrondando le esteriori immagini da ogni soggettivo pleonasmo, giunge alla verità nuda e cruda, ha ben diritto di pretendere al titolo, da te stesso foggiatogli, di teoria dell'arrivismo.
     
     
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      I quattro compagni, cui faceva ormai codazzo uno stuolo di discepoli, dopo maturo esame, venduto il baraccone a un milionario americano, collezionista di oggetti inutili, decisero di fondare una rassegna.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119

   





Siate