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      II fattore voleva vender la farina? L'assaggiavano sulla punta del dito, facevano una smorfia e voltavan le spalle. Voleva vendere il vino? Trovava le sue botti scemate. Correva ai campi? Da ogni parte si lavorava con furia: e, malgrado ciò, le terre non finivano mai d'essere dissodate.
      Un giorno, il fattore si presentò, piangendo come un vitello, innanzi ai parenti del giovane.
      - Che c'è? È accaduta una disgrazia a nostro figlio? Oh Dio, s'è rotta una gamba! Oh Dio, è morto!, - gridaron subito quelli.
      - Peggio, peggio!, - rispose il fattore tra i singhiozzi. - Figuratevi che quel rompicollo, col pretesto di dar lezioni ai miei lavoranti, li ha persuasi a pagargli una decima. E ora essi, per non metter la mano nella propria saccoccia, vogliono cresciuto il salario; altrimenti, mi distruggono la vigna e mi brucian la casa. Pensare che, prima, eran così docili! Ah, briccone! Ah, assassino! Se non me lo togliete dai piedi, commetto qualche corbelleria!
      Ed ecco come i paracarri rividero presto il giovane furbo.
     
     
     *

     
      Pel paese ricominciò a serpeggiare il malumore. Una vecchia beghina aveva trovato in capo al letto, al posto del crocifisso, un diavolo con tanto di lingua fuori; un droghiere aveva provocato un generale sconcerto vendendo un olio d'oliva ch'era invece olio di ricino allungato; un albergatore non vedeva più neanche l'ombra d'un cliente; sfido io!, sull'uscio dell'albergo gli avevan scombiccherato "qui si comprano gatti morti". Ognuno sapeva il nome del mettiscandali.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119

   





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