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      Nella notte, penetravo con furtivo passo entro le case addormentate; ma, durante il giorno, le mie mani profondevano l'oro.
      Il vecchio allungò il labbro inferiore, poi si rivolse al secondo figliuolo.
      - E tu, quanto sudore hai sparso e quale compenso hai ottenuto?
      - Padre, speculai in Borsa e divenni milionario e banchiere. Senza dover spendere un soldo, vidi affluire il denaro. Una ordinazione a un agente di cambio iniziò la mia ricchezza, un'insegna gigantesca con lettere a colore di fuoco la consolidò, popolando di clienti gli sportelli della mia banca. Ebbi qualche pensiero, causato dalle varie vicende del commercio, talvolta dovetti ricorrere alla fantasia per creare e adornare con orpelli attraenti le imprese; ma il resto del tempo lo passai comodamente fra gli agi.
      Il vecchio ebbe un nodo di tosse; che gli permise di celare l'interna inquietudine; poi chiese al terzo figliuolo:
      - E tu, quanto sudore hai versato e quale compenso hai ottenuto?
      Il giovane, invece di rispondere, aprì l'uscio di una camera attigua, rivolgendo con la mano un cenno d'invito a qualcuno, che dovea trovarsi lì dentro. E subito una donna decrepita, tremolante per l'età e per gli acciacchi, varcò la soglia, si avanzò verso l'usuraio e, gettategli al collo le braccia, disse
      - Sono la moglie di tuo figlio; e gli ho recati cinque milioni di dote.
     
      RICHETTO DAL CIUFFO.
     
      C'era una volta un giovane brutto, ma brutto, aiutatemi a dire brutto. Non arrivava con la statura ai fianchi di un uomo normale; e possedeva, per soprammercato, un naso lungo da non finire mai, una gobba tanto alta, che sormontava la testa, e un'uguale abbondanza di roba in altre parti del corpo, delle quali adesso non ricordo più il nome.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119

   





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