Pagina (85/119)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Poichè era molto arguto e di scilinguagnolo pronto, sapeva barcamenarsi in modo da evitare le beffe e i fastidi; ma ciò non gli impediva di rodersi internamente per la propria bruttezza.
      - Darei tutto il mio spirito, - Sospirava spesso, - perchè qualcuno mi trovasse bello.
      Un giorno, mentre s'aggirava melanconicamente per un bosco, vide una ragazza che stava seduta all'ombra di una querce e piangeva. Essa, udendolo avvicinarsi, alzò un volto ch'era uno splendore, e fece sfolgorar tra le lagrime due occhi simili proprio a due stelle.
      Il gobbino rimase inchiodato sul posto dalla meraviglia: mai più mai più avrebbe creduto che una creatura umana potesse raggiungere tanta perfezione. Infine, riuscì a spiccicare i piedi dal suolo e ad avanzarsi verso la dolente.
      - Ignoravo - mormorò - che le Dee soggiacessero alle pene di noi mortali.
      - Ahimè, - rispose la fanciulla asciugandosi gli occhi, che subito sprigionarono nuovi e quasi insostenibili lampi: - non sono una Dea e neppure una semplice ninfa. E sto dolendomi della provvidenza, che m'ha donata una virtù per togliermene un'altra assai più preziosa.
      - Se il mio aspetto non ti spaventi, - riprese a dire il gobbino, - ti prego di mettermi a parte delle tue sofferenze. Forse sarò in grado di suggerire qualche rimedio o, per lo meno, di porgerti il conforto, benchè piccolo, di saperle divise.
      - Sei molto gentile, straniero, - rispose l'addolorata; - e, se giudico bene dai tuoi sguardi, sembri persona pietosa. Ma il mio dolore non è di tal natura da concedere di esser diviso, poichè deriva appunto da questa mille volte maledetta bellezza.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119

   





Dee Dea