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      Pensa e ripensa, decise di scegliere per propria Ninfa Egeria un'adiposa venditrice di pesci fritti e di zuppa a due soldi la scodella. Se la donna, durante la lettura, rideva o s'inteneriva, voleva dire che l'opera era degna di veder la luce della ribalta; altrimenti, saluti a casa e un bacio ai bimbi.
      Con l'affidamento di questo illuminato parere, il nostro ometto non tardò ad esporre al generale giudizio la commedia di un quarantenne, perciò giovanissimo autore. Il pubblico ascoltò in silenzio sino alla fine; poi, sempre in silenzio, sfollò dal teatro. L'indomani, le gazzette ebbero la faccia tosta di affermare che si trattava di roba fritta rifritta, e di concludere i loro articoli con l'esclamazione: Che zuppa!
      - Sfido io!, - pensò il nostro ometto fermandosi a contemplare la modesta bottega della sua Ninfa Egeria.
      Tuttavia, s'appigliò ad un nuovo ripiego. Poichè possedeva un cane barbone onesto e morigerato, deliberò di leggergli i manoscritti e di regolarsi nel modo seguente: se il cane stava attento e composto sino al termine della lettura, voleva dire che l'opera era degna di veder la luce della ribalta; se, invece, sbadigliava, tanti saluti a casa e un bacio ai bimbi.
      Con l'incoraggiamento di questa critica autorevole, il nostro ometto non tardò ad esporre al generale giudizio la commedia di un cinquantenne, perciò giovane autore. Il pubblico ascoltò il lavoro fino alla metà; poi, si divise in due gruppi: un gruppo fischiava bestemmiando e l'altro gruppo applaudiva ridendo.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119

   





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