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      LA BELLA ADDORMENTATANEL BOSCO.
     
      C'era una volta una ragazza smorfiosa, ma smorfiosa, aiutatemi a dire smorfiosa. Nulla le piaceva, niente le andava a genio. Le presentavano una veste: faceva le boccacce. Le donavano un gioiello: lo buttava in un angolo del cassettone. Le leggevano un romanzo: sbadigliava. Un giorno, capitò da quelle parti un garzone bello come il sole. La ragazza lo accolse con molte cortesie. Furono recati sulla mensa i cibi più fini e fu preparato per l'ospite un appartamento che sembrava una reggia. Il giovane aveva viaggiato molto; e la ragazza non rifiniva dal domandare ora una cosa ora un'altra: nè si saziava mai d'ascoltarlo, perchè lo sentiva discorrere con una grazia, con un garbo, con certi tòni languidi di voce, che davano il fremito e mettevano in corpo un desiderio matto di baciare quelle labbra di miele. Scesero nei giardini e vi rimasero fino a notte inoltrata. Il giovane, per quanto durò la passeggiata, non fece che parlare e sospirare guardando la luna.
      L'indomani, si chiacchierò e si passeggiò di nuovo: ma l'ospite, invece della luna, guardava la ragazza, e sospirava sempre più forte.
      La terza sera, andarono a visitare una grotta, nella quale si diceva che abitasse una fata. La ragazza, a un certo punto, ebbe paura e s'avvinghiò al braccio del suo compagno. Costui la rassicurò con le più dolci frasi che lì per lì potè mettere insieme, la condusse a sedere sovra un liscio macigno, si collocò ai suoi piedi e cominciò a elogiare i beati tempi in cui Berta filava e le principesse eran custodite da draghi terribili e i cavalieri correvano a liberarle.


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119

   





Berta